Con il vostro irridente silenzio, dall' 8 al 13 marzo 2022. Fabrizio Gifuni al Teatro Vascello
Articolo di Cosimo Sinforini
Dall' 8 al 13 marzo 2022dal martedì al venerdì ore 21 - sabato
ore 19 - domenica ore 17
FABRIZIO GIFUNI
Con il vostro irridente
silenzio
Studio sulle lettere dalla prigionia e
sul memoriale di Aldo Moro
ideazione e drammaturgia di Fabrizio
Gifuni
Si ringraziano
Nicola Lagioia e il Salone internazionale
del Libro di Torino
Christian Raimo per la collaborazione
Francesco Biscione e Miguel Gotor per
la consulenza storica
foto di: Mimmo Frassineti
Aldo Moro durante la prigionia parla,
ricorda, scrive, risponde, interroga, confessa, accusa, si congeda. Moltiplica
le parole su carta: scrive lettere, si rivolge ai familiari, agli amici, ai
colleghi di partito, ai rappresentanti delle istituzioni; annota brevi disposizioni
testamentarie. E insieme compone un lungo testo politico, storico, personale –
il cosiddetto memoriale – partendo dalle domande poste dai suoi carcerieri.
Le lettere e il memoriale sono le
ultime parole di Moro, l’insieme delle carte scritte nei 55 giorni della sua
prigionia: quelle ritrovate o, meglio, quelle fino a noi pervenute. Un fiume di
parole inarrestabile che si cercò subito di arginare, silenziare, mistificare,
irridere. Moro non è Moro, veniva detto. La stampa, in modo pressoché unanime,
martellò l’opinione pubblica sconfessando le sue parole, mentre Moro urlava dal
carcere il proprio sdegno per quest’ulteriore crudele tortura. A distanza di
quarant’anni il destino di queste carte non è molto cambiato. Poche persone le
hanno davvero lette, molti hanno scelto di dimenticarle.
I corpi a cui non riusciamo a dare
degna sepoltura tornano però periodicamente a far sentire la propria voce. Le
lettere e il memoriale sono oggi due presenze fantasmatiche, il corpo di Moro è
lo spettro che ancora occupa il palcoscenico della nostra storia di ombre.
Dopo aver lavorato sui testi pubblici
e privati di Carlo Emilio Gadda e Pier Paolo Pasolini, in due spettacoli
struggenti e feroci, riannodando una lacerante antibiografia della nazione,
Fabrizio Gifuni attraverso un doloroso e ostinato lavoro di drammaturgia si
confronta con lo scritto più scabro e nudo della storia d’Italia.
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