IL GABBIANO | PROGETTO ČECHOV – prima tappa - Al Teatro Vascello dal 28 febbraio al 5 marzo
Articolo di Cosimo Sinforini
Regia Leonardo Lidi con Giordano Agrusta, Maurizio
Cardillo, Ilaria Falini, Christian
La Rosa, Francesca Mazza, Orietta
Notari, Tino Rossi, Massimiliano
Speziani, Giuliana Vigogna, Angela
Malfitano. Scene e luci Nicolas Bovey, costumi Aurora
Damanti, suono Franco Visioli, assistente alla
regia Noemi Grasso, adattamento e regia Leonardo
Lidi, produzione Teatro Stabile dell’Umbria, Emilia
Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Stabile di
Torino – Teatro Nazionale, in collaborazione con Spoleto
Festival dei Due Mondi.
Per
ricominciare a camminare in questo tempo così incerto credo che il teatro sia
un ottimo progetto sul quale focalizzare le nostre energie. Se penso ad Anton
Čechov mi torna in mente questo passaggio di John Lennon nella canzone
Beautiful Boy: “La vita è ciò che ti accade mentre fai altri progetti”. Ne Il
gabbiano l’autore sembra creare un testo che possa interrogarsi
sulla differenza tra Simbolismo e Realismo, sul senso critico del teatro
rispetto al suo pubblico ma alla fine, contro ogni pronostico, arriva la vita.
In scena ecco apparire l’amore e l’assenza di esso e ci ritroviamo accompagnati
da personaggi talmente ben scritti e messi così bene in relazione tra di loro
che tutti insieme decidiamo di deviare la trappola del Tema per aprirci e
interrogarci sulla semplicità del nostro essere. Sui ricordi e la nostalgia
dell’infanzia, su quell’incontro che ci ha fatto male e quell’incontro che ci
ha cambiato la vita. O fatto sorridere. O fatto piangere.
Come in un patto. Come se un gruppo di uomini e di donne lavorasse assieme con
impegno e gioia confidando nell’arrivo della vita in scena. Ecco forse spiegato
il perché Čechov ha superato il suo tempo, ecco come utilizzare un testo per
arrivare alla vita. Ho scelto una trilogia che lavora con lo stesso alfabeto:
Il gabbiano – Zio Vanja – Il giardino dei ciliegi. Tre case, o forse la stessa,
tre famiglie, o forse la stessa, e l’amore che soppianta il lavoro. Mentre
aspettiamo di sapere qual è il Teatro giusto per parlare allo spettatore o se
venderemo la casa di Vanja o se verrà distrutto il nostro storico Giardino, noi
aspettiamo e incontriamo la vita attraverso l’amore. Aspettiamo un bacio.
In questa trilogia vedo la possibilità di tornare al senso pratico del teatro,
deviando gli intellettualismi e scegliendo la semplicità nella sua altezza.
Scegliendo uno spazio. Scegliendo l’empatia e non una bolla elitaria.
Scegliendo l’amore e il dolore che comporta questa opzione ma soprattutto
scegliendo gli attori come forma d’arte e come pietra preziosa da difendere nel
teatro italiano del nostro tempo. Tredici attori passeranno assieme un tempo
importante, una parentesi della loro vita, per lavorare assieme ad un regista
che sceglie finalmente il suo autore preferito come ripartenza del proprio
percorso.
Leonardo Lidi
Il
Gabbiano per la regia di Leonardo Lidi è uno spettacolo intenso, senza
particolari effetti speciali. Una scena scarna, in cui tredici attori sono
parte integrante di un meccanismo perfetto. Ciò a cui assistiamo è uno
sviscerarsi di questi personaggi che si muovono come se fossero all’interno di
una clessidra in cui il tempo scorre, inesorabile. Come dice lo stesso regista,
rifare un classico oggi con gli stessi
canoni dell’epoca sarebbe assolutamente inutile.
L’unico approccio possibile è carpire l’ essenza
del testo e riportarlo in una moderna situazione dove ognuno di noi non fa
altro che cercare un piccolo spazio nel mondo fatto di amori, paura del passato
e del futuro, incertezze. Gli attori sembrano essere a loro agio in questo
spazio come se ci vivessero realmente e per lo spettatore è una vera e propria
doccia spirituale! Bravi tutti.
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